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Antiche fessure
Documento senza titolo

 

 

“Amore, rabbia, passione, ansia, gioia, speranza, malinconia, disperazione, sete di assoluto... L’universo dei sentimenti umani è racchiuso in queste poesie sanguigne e pulsionali, in questi versi che spesso raggiungono una sorprendente forza espressiva che non lasceranno indifferente il lettore”

 

“Love, anger, passion, anxiety, happiness, hope, melancholy, despair, thirst for absolute…The universe of human feelings is contained in these bloody and pulsive poetries; in those verses that often reach a surprising expressive force that will not leave the reader indifferent.”

 

 

 

Epitaffio

 

E ancóra

sempre

noi

ci stacchiamo

per fissare

i contorni

sfilacciati

delle nostre essenze

penetrate.

 

Sempre

e ancóra

noi

ci svuotiamo

per colmare

le nostre assenze

perpetrate.

 

Ancóra

sempre

e poi ancóra

noi

ci uniamo.

Così è scritto

nell’epitaffio

delle nostre vite

perpetuate.

 

 

E non parlarmi 

 

E non parlarmi

uomo infingardo,

di amicizia

di decenza

di rispetto

come tranquillanti

alla mia passione...

Uccidi almeno

con impudenza

il mio cuore caparbio

affinché io non muoia.

 

 

Quello di allora

 

Non è l’amore di oggi

che inseguo

ma quello di allora.

La mia sete d’amore

è così antica

così perpetuata

da non poter

più interamente

essere placata.

 

 

Panico incastro

 

Per antichi pertugi

del mio tronco

sospeso

si insinuano

vischiosi

i rami

delle vostre vite

abbarbicate

a sicuri tralicci.

Nel pànico incastro

promanano

resine oscure

che si avviticchiano

a latenti radici

e mi confondono.

Non è ancóra germogliato

l’albero

della mia vita

inviluppata.

 

 

Perché mi piaci?

 

Perché mi piaci

uomo affettato

vanesio

incoerente

mollemente arenato

in docili

scogli mentali?

 

Perché mi piaci

uomo impinguato

placebo

indolente

facilmente allenato

a comodi

accordi vitali?

 

Forse ti invidio

il narcotico

lubrico flusso

della tua fiera

mediocrità.

 

 

Senza vita

 

Senza vita

sopravvivo

alla vita.

 

 

Onde cerulee

 

Alle incerte onde

del Brahamaputra

hai affidato

l’urna

delle giuste attese

giovane Bapi

che mi osservi

dall’orlo

del foglio pattuito.

Non si schiudono

ancóra

i tuoi pugni

covati

dai monsoni d’estate,

attendono

increduli

anche le tiepide

brezze

del mio amore.

 

 

Come macigni

 

Come macigni

i tuoi discorsi salaci

(non sanguigni)

schiacciano

la mia credulità.

Parole nate morte

(non risorte).

Soffoco

nella congestione

della tua qualunquità.

 

 

Balbettii soavi

(a Lorenzo)

 

I tuoi occhi stupiti

vestiti di luce

mi scrutano

da antiche fessure

spiragli di vita.

Gli attesi gorgheggi

i balbettii soavi

redimono

grida superbe

speciosi eloqui.

Le tue mani golose

nutrite d’amore

mi toccano

con cure ancestrali

medianici riti.

La tua essenza voluta

da sempre agognata

può definire

i miei corsi sfrangiati

i rientri incompleti.

 

 

Forse lì

 

Forse lì...

nel luogo che non ha spazio

nel tempo che non ha storia

nell’eco che non ha voce

nel passo che non ha orma

forse lì...

nel cerchio che non ha forma

nel corpo che non ha carne

nel sangue che non ha macchia

nel pianto che non ha colpa

forse lì...

finirò di morire?

 

 

Madre (Approdo)

 

E quando il cordone

molliccio

(non spezzato)

mi avrà riavvolto a te

Madre

spola sicura

allora  io finalmente

potrò giacere

stremata

(non disfatta)

nel quieto alveo

della tua nave

e rigurgitare

gli ossami

appuntiti

dolenti

che hanno scalfito

certezze antiche.

 

 

Come accorto segugio

 

Come accorto segugio

fiuta

abbaiando

l’usta

delle mie attese.

Tendi devoto

l’umido muso

e uggiolando

addentra

il mio sapere.

Mastica quieto

la polpa

renitente

del mio cuore.

Latra

ringhia sorpreso

di non potermi

ancóra divorare.

 

 

Antiche fessure

 

Da vanesi

reboanti frastuoni

scivolo

per antiche fessure

nella mia Solitudine

fonte inesausta

di veridici suoni.

 

 

L’ho già sentito

 

L’ho già sentito

quest’odore sottile

rassicurante,

quando all’asilo

sui gradini accaldati

reclino il capo

ai ginocchi dischiusi,

impaurita

avvertivo deviante

l’effluvio della vita.

 

 

Fidente

(A mia madre)

 

Tu ti accontenti

del poco e del tanto

che la bisaccia contiene.

Accetti fidente

il passo malfermo

la voce rappresa

il torpore che arresta.

Non cerchi discolpe

sofismi pretesti

al peso del pianto.

Tu piangi e sorridi

con cuore fanciullo

e sai compiangere

con dignità mai sopita.

Sai ancora temere

con giusta paura

lo squarcio improvviso

la pena promessa

la morte che avanza.

Non enfatizzi

la tua sopportazione

non minimizzi

l’obolo elargito

non sopravvivi a te stessa

non agonizzi

in morte reiterata..

Tu già vivi!

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