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INTERVISTA SUL SIGNIFICATO ATTUALE DELLA SCRITTURA
ne “L’ESTROVERSO”


• Raccontami (ci) di te: come vivi il tuo tempo, cosa ti aspetti dalla scrittura?
In questo periodo drammatico per il nostro Paese e il mondo intero mi sento spesso in colpa per essere una privilegiata e per non riuscire a fare di più per chi soffre.”Espio” senza alcuna costrizione questa mia fortunata condizione riflettendo, privandomi di qualcosa, e preferendo il dialogo con chi mi è vicino a vacue mete turistiche. Leggo, scrivo cercando di affrontare nuovi registri linguistici: dalla poesia, ai racconti, agli aforismi, fino al romanzo “Figlio di Mercurio” la cui stesura mi ha impegnata per molti anni. Più che un romanzo lo considero la storia – a metà strada tra il reale e l’irreale – di un ragazzo afflitto da sindrome bipolare grave.. Ho ambientato la storia a Ferrara perché la gloriosa città estense dove sono vissuti geni tormentati come Ariosto, Tasso, Michelangelo Antonioni… mi ha molto affascinata.
• Com’è nata la tua passione per lo scrivere (il tuo motto è nulla dies sine linea?)
Relativamente tardi dato che al liceo ero terrorizzata dagli insegnanti per cui non ho potuto consolidare serenamente l’abilità e il piacere dello scrivere. Vent’anni fa ho composto la mia prima silloge poetica “Versi in gabbia”, spinta da un forte coinvolgimento emotivo con una profonda esperienza vissuta da mia figlia. Cercavo nello scrivere consolazione catartica e conferma. Poi, col passare degli anni, attraverso dubbi, letture e conflitti, sono riuscita a scrollarmi di dosso autobiografismi liberatori e messaggi universali, tipici dell’adolescenza espressiva. Ho capito che è nel distacco che si riesce a creare un’emozione, non nell’eccessivo coinvolgimento, anche se “l’obiettivo di qualsiasi opera d’arte- come dice James Joyce- è la trasposizione della carica emotiva; il talento è il dono di comunicare quell’emozione”. Fra i miei motti c’è “Nulla dies sine linea”, ma quello che maggiormente mi ispira, essendo io credente, è “Beati i puri di cuore perché vedranno Dio”.
• Cosa significa (per te) OGGI fare lo scrittore?
Io non mi reputo una scrittrice, semplicemente una persona che scrive, la quale comunque, nel momento in cui scrive deve essere onesta verso se stessa e verso il lettore, deve avere coscienza delle cose. Non esistono argomenti “alti” e argomenti “bassi”. Come dice Schopenhauer “compito di chi scrive è di rendere i piccoli eventi interessanti, creando una sorta di universo parallelo che catturi il lettore”.
Penso comunque che oggi gli editori più potenti concedano troppo spazio ai giornalisti e ai personaggi pubblici (per ovvi interessi finanziari), sia nelle pubblicazioni che nei prestigiosi premi letterari, a discapito di talenti che il più delle volte restano sconosciuti..

• Qual è il messaggio cardine del tuo libro?
La tolleranza, la cultura e l’autoironia. Un mix di virtù che possono aiutare a vivere meglio anche in situazioni di disagio e che il protagonista del mio libro, esaltato e divorato da turbe psichiche, ha in sé. Davide, consapevole delle sue manie, non cerca comprensione per i suoi atti autolesionistici, ma leale accettazione di una follia che può generare violenza.
• Partendo da te e facendo in modo che con te si possa rimanere (fino all’ultima sillaba) vorrei potessi focalizzare (liberamente) l’attenzione sul TUO mondo e sul TUO libro (appunto)…
Il mio è un mondo un po’ puerile, in cui a radiose aurore di stupore e speranza si alternano venti di ansia e paura… soprattutto del distacco e della morte.
Gabriella Bertizzolo

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Le foto all'autrice utilizzate per questo sito sono state realizzate dall'arch. Silvia Galvan