Argonauta |
”L'avventura conoscitiva volta attraverso un sofferto procedere alla ricerca di spazi inediti di esistenza, necessità irrinunciabile per l'autrice, rappresenta ora il possibile approdo di un lungo viaggio a ritroso e inquisitorio del presente. L'asciuttezza e rigorosità a volte sincopata del versificare, il ritmo scavato ed essenziale, la ricerca formale spesso tradotta in raffinate e originali affabulazioni lessicali si accordano a un impegno costante di indagine pensosa sul mondo e sui trascorsi della propria coscienza”
“Faced to a suffered progress researching spaces without existence, seems a necessity for the authoress. Now it represents the possible landing place of a long reverse journey inquiring on present. The curtness and rigour of the verses, sometimes syncopated, the essential and engraved rhythm and a formal research often translated into refined and original lexical plots, accord to a constant engagement of a distressing inquiry on the world and the past of our conscience.”
Spleen cognitivo
A nulla è valso compensare l’incolmabile vuoto con anticipata espiazione esorcizzare l’insopportabile distacco con spleen cognitivo. Ho perso il Prima e il Dopo il Nihil e l’Omnia e l’attimo irriverente ho barattato con sospetti di eternità. Rannicchiata nell’ala di una mesta speranza ancóra attendo il fruscìo di un trasognato avatàr.
L’ombra cinerea
Sulle siepi e sui nivei vilucchi cinerea si adagia l’ombra ancella della notte, a placare corrusche lusinghe di un meriggio infuocato. Lentamente si insinua negli spiragli dell’affranta mente e penetra le fessure della terra screpolata scampata al tempo degli indugi.
Come funambolo (A Giorgio Caproni)
Come funambolo perennemente in bilico nell’incognita del Dove, saltelli sulla corda del sogno e della vita. Nel sottile interstizio fra cerimonie e congedi, enjambements e congiunzioni sfuggi alla vita, inghiottito nel poeticoinganno. Smarrito nell’iridata nebbia del Tempo che emigra nell’Altro, puoi ri-abbracciare tua madre amante e giovinetta!
Lucido delirio
Mi rimane soltanto il tuo profilo sincero rassicurante rischiarato da un guizzo di luce che affiora nella mia mente dall’ombra irridente. Nell’improvviso bagliore d’infinito rivedo il tuo sguardo allucinato da un silenzio pudico penetrato e con passione parlo al tuo tacere.
Inarrestabile flutto
Dagli abissi del Tempo in albe spume affiorato, onirico argonauta, sei spinto dall’inarrestabile vindice flutto del Dunque. Zefiro Ausonio (e la polena di femminea sembianza) ti muovono verso gli arcani lidi di vergine memoria, roride sponde fiorite di loto a soppesare velli di consonanza. Ma velenosi tuberi e insonni oroscopi ti attendono oltre la bruma che accerchia l’orizzonte.
(Allora tu prudente nella stiva dell’Argo occulta il devoto forziere della tua speranza curiosa)
Cime prive di cielo
Ho bisogno di sentirti irrimediabile fedele amante infido, rimorso immemore rimpianto nell’oribasìa del Quando. Come furente menade che arranca verso disserratepienezze, non odo il fremito della terra sconsolata. Tu con una mano mi trascini nel gorgo di ebbrezze esclusive, con l’altra mi sollevi verso irrinunciate cime prive di cielo.
Malinconiche icone
Con dita pregne di cangiante attesa l’algido display del cellulare sfrego come lampada di esotiche fiabe. Un bagliore improvviso ancóra sorprende il cuore intermittente prigione dell’”oracolo gelido”, nunzio preposto a esoterici appelli. Negli orli del profetico schermo occhieggiano malinconiche icone, quintessenza d’assenza.
(Ai virtuali caratteri mi avvinghio come alla salvezza di un vaticinio)
Mnestiche fessure
Dalle curiose mnestiche fessure di un’indocile esistenza caparbiamente scrutavo la matassa delle vostre vite dipanarsi nelle soste del tempo precorso e aggrovigliarsi in struggenti nodi d’amore. Nell’orlo di una il-lecita congiunzione inspiravo l’allettante adulterato aroma protesa a captare il senso di una laconica esistenza.
Àuguri (A Mario Rigoni Stern)
Un sottile odore d’angoscia promana dai muschi e gelata è la bruma che spira nei silenzi di alte cime. Gli àuguri della foresta interrogano bianche pernici araldici gufi [duchi cornuti] urogalli gentili posati su rami di larici stanchi. Negli ombrosi anfratti betulle e rocce, ellèbori oscuri sono gli ignari custodi di una notte trafitta da lampi di cruenta memoria.
Il filo dei nostri respiri
Siamo ancora riusciti a perderci nella terra incupita dei nostri silenzi impietosi. Si è spezzato il filo dei respiri collante di vita, e ammutolito è il fuoco che ci accendeva in ebbre confidenze esclusive.
(Siamo ora soltanto l’eunuco sbiadito risvolto di un’appartenenza esfoliata)
Sintassi
Sopprimere te o me? Oggetto e soggetto anagramma irrisolto nell’enigmatica sintassi della passione.
Ma per un fragile istante vorrei sentirti mia preda: tu vittima della mia addestrata seduzione, e io voluttuoso carnefice delle tue mistificate attese.
Semantica simbiosi
Ho confuso le metafore con polvere rocciosa e le creature con dissolvenze verbali. Con memoria arginata da trincee di espiazione, stringo nei pugni mute schegge di verbi e incautamente trascuro gli attimi sottratti al quotidiano massacro. Muto il vento nell’atrio delle attese ad innalzare i ricordi di una semantica simbiosi.
Ars docendi
Nell’infinito riassunto di vita spaurito alzi la mano e con occhi sporchi di fiaba chiedi cinture di sicurezza sorrisi di conoscenza.
Vacilla lo scranno del sapere sotto i pesanti fardelli di disimparate rinnegate certezze. Spenta è la voce, eunuca la mente. Solo una smorfia di comprensione può compattarci, alumnus-magister, nutrito di arcane fibre di lingua. Tu l’officiante dell’ars docendi io fra i discenti, tu allo scriptorium di icastici esempi, io scriba di abbagli!
Refuso
Con vele di rigenerata speranza affronto la fiumana nel vertiginoso periplo che non ha sponde.
(Ma forse questo inoltrarmi nell’abisso del nihil non è che un apotropaico refuso al “folle volo” un sospiro dell’acqua senza versi un intreccio di filiformi meduse o il riflesso dell’anguilla boccheggiante nel delta del sogno)
Doni perduti (a Giorgio Bárberi Squarotti)
Non soltanto l’assenza anche l’eccedenza di emozioni paralizza l’anima smarrita e non minimizza il dolore della carne ignara preda di appuntite rinunce.
(Ogni ferita di possesso stilla lagrime di irrimediabili doni perduti)
Nell’aria esausta
Impetuoso pneuma di passione sgusciato dal lapsus del Tempo, sei radice di follia, malia di contagio nel presagio di imminente perdita.
Nell’azzurra vertigine anàdroma affiorata dagli estri del mare rabbrividito, con riaccese ali di gabbiano ti libri nell’aria esausta a insidiare l’atomo fallace.
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